mercoledì 11 giugno 2014

Il Due-in Uno Divino


L'icona della Dea Doppia ha la facoltá di ridar vigore all'autonomia delle donne e di ravvivare (in modo positivo, non patologico) l'innato stato bipolare di coscienza, che le donne hanno pieno diritto di nominare con orgoglio come proprio.
Sebbene le antiche culture matristiche (con le loro icone femminili dai molteplici aspetti di nascita, morte e rigenerazione) siano state riduttivamente definite come "culti della fertilità", il lavoro pionieristico dell'archeologa Marija Gimbutas ha percorso una lunga strada, procedendo alla rettifica di questa semplificazione eccessiva.
Gimbutas, una donna lituana sfuggita ai tedeschi e poi a Stalin, giunse negli Stati Uniti con una bambina su un braccio e la tesi di laurea sotto l'altro.
Le fu offerto un impiego temporaneo a Harvard dove potè svolgere la sua ricerca e dove diresse, in seguito, fino alla pensione un nuovo e innovativo dipartimento interdisciplinare dell'UCLA.
Famosa per aver scritto ventotto libri sugli Indoeuropei dell'età del Bronzo con le loro "armi, armi, armi" (come dice in una mia intervista nel 1988), concentrò poi la sua attenzione più a fondo sulle testimonianze dei manufatti che riportava alla luce nei suoi scavi in Gracia e in  Macedonia.
Fu là che scoprì la civiltà della Dea, che occupò le sue ricerche fino alla morte, avvenuta nel 1994, il giorno della Candelora, uno dei giorni di festa più importanti della Dea, che segna il ciclo stagionale annuo.
Le studiose femministe le saranno sempre grate per aver fornito una valida documentazione scientifica a supporto delle loro intuizioni.

Tratto da: "La Dea Doppia" Vicki Noble

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